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Gli psicologi non fanno magie, aiutano invece a trovare nuovi percorsi.
Scoprire nuovi sentieri richiede tempo, energia, fatica e talora sofferenza, ma una volta scoperti, saranno utili per tutta la vita.

martedì 1 novembre 2011

Psicoterapia: miti da sfatare

La maggior parte delle persone, quando sente parlare di psicoterapeuti, pensa al lettino; quello su cui distendersi ad occhi chiusi.
Il lettino è lo strumento della psicoanalisi e di alcune terapie ad orientamento psicanalitico; tutte le altre psicoterapie, tuttavia, il lettino non l’hanno mai visto. Va da sè che non lo vedranno nemmeno i pazienti!
Molte psicoterapie usano un setting piuttosto semplice. Il setting è null’altro che l’ambiente nel quale si fa la terapia, e dev’essere idoneo al modo di lavorare dello psicoterapeuta, accogliente e funzionale.

Alcuni terapeuti svolgono le sedute alla scrivania, come in qualunque altro colloquio, lavorativo, medico ecc. Altri utilizzano due poltroncine, l’una di fronte all’altra, come in un salottino. Alcuni terapeuti possono aver bisogno di una soluzione un pò più comoda, in quanto utilizzano tecniche di rilassamento od ipnosi, scelgono dunque poltrone più comode che consentano una posizione rilassata.
Parlando di psicoterapia, si pensa spesso a trattamenti terapeutici pluriennali, quasi interminabili. Questa è un’altra credenza errata; la psicoterapia non è necessariamente così lunga, anche se può esserlo. La durata di una terapia dipende da moltissimi fattori: innanzitutto dal metodo di lavoro del terapeuta (la psicoanalisi prevede trattamenti lunghi, la terapia strategica breve invece terapie brevissime con un numero prestabilito di sedute); nella gran parte dei casi, tuttavia, la durata dipende dagli obiettivi terapeutici che vengono stabiliti per contratto tra terapeuta e paziente, e dalla variabilità individuale di ogni persona nel conseguire cambiamenti personali. Poiché ciò che siamo non può prescindere da ciò che siamo stati, non vi è un tempo standard che si possa applicare ad ogni persona, in quanto ognuno di noi ha seguito un percorso diverso, invece è molto importante che ognuno possa concedersi i propri ritmi. Non dimentichiamo che i cambiamenti sono impegnativi e spaventano.
Va da sè, è chiaro che lo psicoterapeuta già sa cosa penso ed è in grado di capire se ‘sono malato’ da poche frasi. Certamente il terapeuta non possiede tali capacità, dunque scordiamoci che possa capire tutto e diagnosticarci qualche disturbo dopo dieci minuti in nostra presenza. In particolare, il terapeuta non farà alcuna diagnosi quando non gli venga richiesta. Il terapeuta lavora su una richiesta di aiuto o di consulenza; esaminare qualcuno che non lo abbia richiesto è un’invasione piuttosto sgradevole, deontologicamente scorretta. Qualora il terapeuta si ritrovi di fornte a qaulcuno che richiede un consulto, esaminerà ciò che sente e ciò che vede, e lo farà condividendo costantemente queste impressioni con il paziente, con la finalità di individuare una chiave di lettura per una situazione problematica o di malessere.
Il terapeuta inoltre non è infallibile, dunque non restituità delle opinioni come se fossero assoluta verità da non sottoporre a critica; farà piuttosto delle ipotesi da verificare assieme al paziente. Se infatti non si restituisce una diagnosi condivisa, raggiunta in collaborazione attiva con il paziente, vi è il rischio di aver buttato via tempo e lavoro, perché il paziente non se ne farà nulla.
Un piccolo suggerimento per concludere: lo psicoterapeuta risponde alle domande, per quanto possibile. Non vi svelerà fini dettagli tecnici, perché sarebbe del tutto inutile; ma sarà disponibile a parlare del suo lavoro, dell’etica sottostante, della deontologia professionale, perché la terapia procede in collaborazione e si basa sulla fiducia, sarà dunque suo interesse incontrare perplessità e dubbi e chiarirli.

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